Stamattina mi sono svegliato alle 8.30. Mi sono vestito e poi mi sono lavato la faccia e mi sono rasato. Poi mi asciugo le mani e asciugo la faccia. Mi lavo le mani con il sapone. Esco dalla mia stanza ed entro nella sala da pranzo. Faccio colazione con caffè e una tazza di latte. Dopo vado al negozio e compro il tabacco con una scatola di fiammiferi. Poi vado nel corridoio del padiglione del Sacro Cuore di Gesù e cammino con i malati.
Alle 10.30 di mattina aprono il bar e compro da mangiare e compro da bere. Alle 12.30 si mangia in sala da pranzo e poi si prende il caffè al bar. All’1 del pomeriggio si esce dal manicomio e si va nei bar o per i paesi. Si torna alle 7 di sera e si guarda la televisione. Alle 8 di sera si cena. Dopo cena si guarda la televisione o si va a letto. In camera si ascolta la radio o si legge. È così la vita in un manicomio.
Leopoldo María Panero, un letterato in manicomio
«Ho sentito parlare di Leopoldo María Panero, figlio e fratello di poeti, per la prima volta nel 1979. […] Fu un innamoramento immediato; voglio dire che in quella scrittura qualcosa di immenso, audace, indecifrabile e bello mi prendeva e mi elevava». Così Wences Ventura, curatore di Poesia e Pazzia, edito da El Doctor Sax Beat&Books, descrive il primo incontro con Panero (Madrid 1948 – Las Palmas de Gran Canaria 2014).
Considerato tra i più significativi poeti contemporanei spagnoli, letterato di formazione, figlio del poeta Leopoldo Panero e Felicidad Blanc, fratello dei poeti Juan Luis e Michi, studia Lettere e Filosofia a Madrid e Filologia francese a Barcellona. Negli anni ’70, entra per la prima volta in manicomio all’età di soli 19 anni, esperienza che lo segna per sempre, e che rappresenta il primo incontro con la follia, che diverrà una costante presenza nella sua vita. Dopo numerosi ricoveri, infatti, decide volontariamente di vivere all’interno di un ospedale psichiatrico con libertà di uscita.
Poesie, testi e disegni degli ospiti
Dedito alla poesia fin dall’infanzia, non smetterà mai di leggere, scrivere, studiare, cercare una relazione, attraverso le opere, con quel mondo dal quale si è rifugiato: “Siete voi quelli in carcere, non io”. Laddove il manicomio crea esclusione, angoscia, Leopoldo reagisce scrivendo. È all’interno del Manicomio di Mondragón infatti, che raccoglie poesie, disegni, riflessioni degli ospiti, offrendoci una vivida testimonianza del suo tempo.
La militanza antifranchista costò a Panero la prigione, dove iniziò a sviluppare una prima forma di schizofrenia. Vennero poi l’alcol e la droga a cui dedicò numerose poesie. Anticonformista, hippie, considerato tra i poeti maledetti ma, soprattutto, instancabile narratore.
L’opera originale, scritta con un’Olivetti, era un manoscritto pieno di macchie di caffè e vino. Fogli segnati dalle correzioni e bruciati dai mozziconi di sigaretta. È stato un onore per me tradurre in italiano questo suo lavoro raccolto in Poesia e Pazzia. Il libro è impreziosito dalla copertina opera dell’illustratore Riccardo Cecchetti, contiene l’ultima intervista al fratello Michi Panero e il Collage panerista desencantado che ci svela la quotidianità e le bizzarrie di quella che è stata, a tutti gli effetti, una famiglia di poeti.
«Io, Juan Ángel Ciriano, affermo che il Sanatorio Santa Águeda, ovvero, i malati, stanno raggiungendo l’immortalità. Molti sono già immortali, e spero che come noi l’umanità raggiunga l’immortalità. Gli immortali non devono avere paura di una mitragliatrice né di un plotone di esecuzione, né della bomba atomica… perché non muoiono».
Siamo di fronte a un’antologia della follia, ma anche a un racconto intimo e biografico nascosto tra le righe. Panero socchiude la porta e ci lascia osservare uno scorcio di quella vita che scorre altrove. Così, come lui entrando e uscendo liberamente dall’ospedale psichiatrico può portare testimonianza del mondo, allo stesso modo lascia che il mondo dei pazienti esca e vada a incontrare i lettori.
Poesia e Pazzia è il prodotto della propensione creativa di Panero che va oltre la scrittura in sé. È la testimonianza di un ambiente sociale raccontato per mano di uno degli esponenti di una generazione di intellettuali attratti dall’abisso e contraddistinti dalla volontà di trasgressione.