la faccia cattiva dell’apparenza
Il settore della frutticoltura deve combattere con le regole di bellezza imposte dal mercato. Tantissimi dei prodotti scartati e destinati al macero, infatti, sono considerati “frutti brutti”.
Mi spiego meglio: le caratteristiche a cui un prodotto deve rispondere, riguardano dimensioni standard, qualità organolettiche, colorazione della buccia, grado brix (percentuale di zuccheri presenti).
Come può un frutto rispondere a requisiti predefiniti quando la sua esistenza si basa sulla variabilità della natura? Le temperature crescenti impattano sulle siccità prolungate delle risorse idriche e danno vita a eventi metereologici estremi sempre più frequenti.
Secondo il Regolamento dell’UNECE (Commissione Economica delle Nazioni Unite per l’Europa) 428/2019, le arance devono avere un diametro minimo di 5,3 cm.
La buccia deve essere perfetta con difetti ridotti al minimo e la colorazione adeguata deve ricoprire i tre quarti della buccia (per la Categoria Extra).
Cosa succede a tutti i frutti che non raggiungono i requisiti minimi imposti dalle logiche di mercato?
Un terzo finisce nelle industrie di trasformazione per farne succhi e oli essenziali. Gli agricoltori però, lamentano un prezzo troppo basso, di contro gli industriali ricevono solo scarti. A guadagnarci sono i supermercati, dove non c’è traccia di ciò che accade nelle campagne.
I frutti sono tutti perfettamente uguali e quelli di cui manca la produzione, vengono importati dall’estero.
Facciamo un esempio: l’Emilia-Romagna, principale polo produttivo europeo di pere, ha perso, a causa delle grandinate, 6000 ettari su 28000 negli ultimi 15 anni.
Le superfici destinate alla coltivazione delle arance sono calate del 20%, a influire negativamente anche la crescente concorrenza del mercato estero, soprattutto quello spagnolo.
Infatti, mentre la Spagna aumenta la propria esportazione facendo economie di scala e conquistando i mercati mondiali, l’Italia subisce una filiera disaggregata incapace di valorizzare il proprio prodotto. In questo modo, patisce in casa la concorrenza delle arance iberiche.
Il 2021 è stato l’anno internazionale della frutta e della verdura dichiarato dall’Assemblea Generale dell’ONU. Una decisione, da una parte orientata a aumentare la consapevolezza dei consumatori sui benefici nutrizionali, dall’altra, a porre l’accento politico sulla riduzione di perdite e sprechi di questi prodotti.
L’associazione ambientalista Terra!, impegnata sul tema dell’agricoltura biologica, ha sottoposto un questionario alle principali catene di distribuzione italiane. Hanno risposto in sette.
Sareste disponibili a mettere a scaffale frutta non sempre perfetta esteticamente (di calibro piccolo, con ammaccature da grandine ecc) ma assolutamente ottima dal punto di vista organolettico?
Il 57% ha risposto: No, il consumatore non la comprerebbe.