C’è un posto nel mondo dove l’impossibile è possibile, si tratta della finzione, ovvero, la letteratura.
El Ruletista
Considerato tra gli autori contemporanei più importanti della letteratura romena, classe 1956, nato a Bucarest dove è stato anche professore di lettere all’Università. Mircea Cărtărescu è un autore controverso, molto osannato da alcuni e ugualmente criticato da altri. La sua opera è profondamente influenzata dalle vicissitudini storiche del paese. La dittatura comunista, infatti, controlla e censura stabilendo un preciso canone letterario, tanto che i romeni sono obbligati a dichiarare il possesso di una macchina da scrivere alla polizia.
Siamo nel 1989, soltanto due mesi prima della fine della dittatura di Nicolae Ceauşescu, lo scrittore pubblica la sua prima opera di prosa: Visul (Il Sogno). Il racconto di apertura era El Ruletista (Il Roulettista), ma non superò la censura. Dobbiamo aspettare fino al 1993 perché veda finalmente la luce.
Come scrive l’autore, i personaggi del dramma sono: un roulettista, un padrone e gli azionisti pronti a scommettere. La storia si svolge lontano da occhi indiscreti, nelle cantine buie e fatiscenti. Le persone povere venivano adescate e date in pasto alla sorte del tamburo di un revolver e alla macabra smania degli spettatori. Una sorta di horror reality ante litteram. Finché non succede qualcosa che rivoluziona il gioco della roulette russa, fino ad allora, mosso esclusivamente dal denaro.
“A chi poteva passare per la testa di convertirsi in una specie di campione del mondo di sopravvivenza? Di certo, il roulettista riusciva, per il momento, a mantenere il ritmo demenziale di una gara il cui aveva solo un avversario: la morte.”
Cărtărescu si inserisce tra quegli autori postmoderni che vogliono rompere con il linguaggio letterario delle generazioni precedenti. I punti di riferimento da cui traggono ispirazione affondano le radici nella letteratura nordamericana: Allen Ginsberg, John Ashbery, Frank O’Hara. La sua opera però, non è solo postmoderna. Come spiega nell’introduzione la traduttrice Marian Ochoa de Eribe, ma possiamo inserirla nel fenomeno letterario dell’onirismo che, nonostante il comunismo, emerse con forza in Romania alla fine degli anni ’60.
Cărtărescu rompe con la letteratura tradizionale
El Ruletista, infatti, ci racconta una storia a cavallo tra la realtà e il sogno. Il lettore viene trascinato nei sotterranei romeni, portato da un narratore che continua a ripetere di aver conosciuto in prima persona il Roulettista. A questa dimensione onirica se ne aggiunge una più lucida. L’autore gioca con le contrapposizioni, la società visibile e quella invisibile, il ricco e il povero, la vita e la morte che aggiungono valore l’una all’altra.
Senza che ci sia una critica esplicita, emerge chiara agli occhi del lettore la spettacolarizzazione di tutto, persone benestanti che spendono soldi per assistere a decessi raccapriccianti. La mercificazione di se stessi, del proprio corpo messo all’asta e degradato a oggetto di divertimento per la borghesia. Un tema che, una quindicina di anni prima, in Italia, era stato ampiamente affrontato da Pasolini, in particolare con il suo ultimo film Salò o le 120 Giornate di Sodoma.
Il personaggio del Roulettista rappresenta in sé la ribellione a questo show in cui la vita dei meno abbienti ha valore solo nel momento in cui partecipano al gioco. Una sfida al meccanismo di sottomissione dove il protagonista sembra diventare uno di quei pupazzi del tiro a segno, pronti a tornare su non appena ricevono il proiettile. Un automatismo spezzato per mezzo delle proprie stesse mani, l’offerta di uno spettacolo nuovo dove i riflettori non sono puntati più sulla morte, ma sull’immortalità.