Prima o dopo, tutti ci troviamo a fronteggiare periodi difficili nella vita. Ho imparato a capire che sono più preziosi di quanto immaginiamo. Sono infatti le esperienze più dolorose che ci formano, ci arricchiscono e ci aiutano a crescere. Alejandro Jodorowsky dice che siamo attratti dalle persone che ci creeranno i problemi necessari alla nostra evoluzione. Va bene così. Per quanto possiamo attraversare periodi brutti, sono più consapevole di quanto siano necessari. Qualche anno fa, in seguito a cambiamenti per me destabilizzanti, ho sentito un grandissimo bisogno di silenzio.
Forse perché i pensieri erano tanti e assordanti, forse come tentativo di fare pulizia, delle parole, dell’aria, del tempo. È difficile sottrarsi ai rumori quando si vive in città circondati da altre persone. Finché siamo in relazione con qualcun altro, il nostro comportamento è condizionato, chiediamo a noi stessi di essere gentili e rispettosi verso gli altri.
L’esperienza nell’eremo di Camaldoli
Non avevo voglia di parlare, di interagire, solo di silenzio. Dovevo restare un po’ da sola per ricostruire quelle parti che sembravano sparpagliate. Questo mi ha dato l’opportunità di fare una bellissima e intensa esperienza: sono andata qualche giorno nell’Eremo di Camaldoli, nel Casentino (Toscana, Italia).
L’eremo è stato fondato nel 1012 da San Romualdo Abate, si trova a 1100 mt circondato dalla millenaria foresta casentinese. C’era la neve alta, la nebbia avvolgeva il piccolo agglomerato di casine che ospitano i monaci. Sono stati giorni di completo silenzio e solitudine. Le poche volte che incontravo qualcuno incrociavamo gli sguardi prendendo atto l’uno della presenza dell’altro.
La mia stanza era essenziale, un letto, una scrivania e un bagno. Sulla scrivania mi avevano lasciato la Bibbia. Nonostante non sia cattolica e non fossi lì per pregare, ho riletto con piacere il Cantico dei Cantici. Avevo portato con me dei libri e della carta per scrivere, ma non gli ho dedicato molto tempo. Ho fatto meditazione, ma soprattutto, mi sono goduta finalmente il silenzio che cercavo.
La giornata era scandita dagli orari della congregazione, una volta ho partecipato ai Vespri. In una stanza stretta e lunga due file di monaci erano disposti uno di fronte all’altro. Indossavano una lunga tunica bianca con un cappuccio e le maniche larghe. Uno di loro suonava il piano, gli altri cantavano a cappella in latino, erano bravissimi. L’atmosfera però non era troppo rilassante, almeno per me. Trovavo un po’ inquietante quel rituale, probabilmente perché non ne coglievo il significato.
Ho trovato molto di più che il silenzio
I pasti si svolgevano prendendo parte a un lungo tavolo in legno dove sedevamo in pochi. I piatti venivano serviti attraverso un piccolo pertugio nel muro, ci passavamo i vassoi tra di noi, tutto rigorosamente in silenzio. Non so i nomi delle persone con cui ho condiviso pranzi e cene e non so perché fossero lì. Non dover domandare, non dover spiegare, non dover fare del convivio, era rilassante perché era esattamente ciò che ognuno cercava: solitudine e silenzio.
Il resto del giorno lo trascorrevo nella mia stanza senza fare niente, avevo staccato anche il telefono. Quando non si ha proprio nulla da fare, quando tutti gli stimoli di cui siamo sovraccaricati, cessano, si può solo fare una cosa: guardare dentro se stessi. È un incontro, un’incognita, potrebbe anche non piacerci, ma è il regalo più bello che possiamo farci: riconnetterci con la natura.
Ho fatto due passi in mezzo al bosco sprofondando nella neve. Ho alzato lo sguardo fino a perderlo tra le vette degli alberi imponenti, era meraviglioso. Mi sono fermata lungo un ruscello, mi sembrava di sentire tutto diversamente. Il silenzio aveva lasciato il posto alla melodia della natura. È bello ricordarsi di tanto in tanto, quanto si è infinitamente piccoli.
È stata un’esperienza immersiva, rigeneratrice, una delle più belle che abbia fatto. Sono grata ai monaci di Camaldoli per avermi accolta e aver condiviso con me il loro eremo. Ringrazio per tutto quel silenzio così vitale.